Amici, finalmente anche sull’Italia soffia un quanto mai insolito alito di modernità e coerenza intellettuale.
E’ proposta di qualche ora fa la tassazione sull’attività delle prostitute, inoltrata dal Presidente del Consiglio Regionale uscente Fabrizio Cecchetti, che si mostra convinto del successo del suo progetto, destinato al sostegno dell’occupazione: “Non serve nessuna norma nazionale – spiega Cecchetti –. Sarà la Regione, come ente di coordinamento, a stipulare una convenzione con l’Agenzia delle Entrate la quale, su una mappatura che verrà fornita dai comandi della polizia locale dei nostri Comuni, interverrà per tassare l’attività delle prostitute. In questo modo – continua l’esponente leghista -la Regione destinerà i proventi derivanti dalla lotta all’evasione al sostegno di lavoro”. Sul fronte internazionale, la Corte di Giustizia Europea guarda con favore l’anticonformista proposta (che tra l’altro mette una seria ipoteca sulla lotta contro lo sfruttamento della prostituzione), ritenendola una prestazione di servizi retribuita che rientra nella nozione di attività economiche. Sono diverse le escort e gli accompagnatori che negli ultimi anni sono stati chiamati a saldare i loro debiti con il fisco. Pizzicati dall’agenzia delle entrate per l’evidente scollamento tra il tenore di vita e il reddito dichiarato, diversi professionisti del sesso sono dovuti scendere a patti con le commissioni tributarie provinciali e regionali, versando all’erario quanto dovuto per la loro attività di meretricio, equiparata ad un qualsiasi altro lavoro autonomo, soggetto quindi all’applicazione dell’Iva.
Del resto i dati stimati sul giro d’affari generato dalla prostituzione in Italia sono impressionanti: si parla di redditi per circa 1 miliardo di euro l’anno, frutto del lavoro di circa 70mila prostitute regolari che soddisfano la domanda di oltre 9 milioni di clienti, per un gettito potenziale di almeno 260 milioni di euro annui. Dati, questi, approssimati per difetto…
Ebbene, per oggi metterei da parte gli appetiti espansionistici dei diversi schieramenti incrociati in questa campagna elettorale per concentrarmi sulla valenza economico/sociale che un tale provvedimento porterebbe al nostro Paese. Parliamo della burocratizzazione di una “professione” mai considerata tale in Italia, storicamente occultata da un’ipocrita visione del mondo che si identifica come paradigma di un retaggio culturale involuto.
…L’esempio che balza subito alla mia mente per ottenere una visione d’insieme di un “sistema prostituzione italiano” è quello olandese, che trova nella sua capitale la sua massima espressione: professioniste del sesso che pagano le tasse, a cui vengono riconosciuti i contributi, che offrono un servizio socialmente dignitoso ed utile per la richiesta del pubblico.
Open our mind…