Amici, oggi vi racconto una storia che racchiude in sé diversi aspetti che riflettono allo stesso modo il sistema abbietto nel quale abbiamo seminato le nostre radici antropologiche, prima che culturali. Incoerenza, ipocrisia, disordine, “conflitto d’interessi”, omofobia, razzismo, sono i veri protagonisti della vicenda.
E’ la storia di Ficarra e Picone (i nomi sono di fantasia), due 35enni fidanzati da 7 anni, attualmente conviventi. Siamo a Pordenone dove il Comune li considera una “Famiglia anagrafica basata su vincolo affettivo”, in buona sostanza: una coppia more uxorio (“come matrimonio”). A maggio 2011 i due acquistano casa. Il Friuli Venezia Giulia prevede un “Contributo Prima Casa”. È un incentivo a fondo perduto per aiutare chi fa il primo investimento immobiliare del valore di 17mila euro.
Per legge, chi ha diritto ad vi accedervi? Ci risponde l’articolo 8 comma 3 del regolamento regionale: “… possono presentare domanda persone maggiorenni in forma singola oppure associate qualora si tratti di coniugi o di conviventi more uxorio, ovvero di coppia intenzionata a contrarre matrimonio o a convivere more uxorio”. Essendo registrati all’anagrafe come “famiglia”, Ficarra e Picone presentano richiesta. Intanto arriviamo ad ottobre 2012. Con grande sorpresa la coppia riceve la lettera di Banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia (titolare della convenzione con la Regione per l’erogazione di questi contributi): “Domanda respinta”. Il motivo? La coppia non risponde al requisito di “conviventi more uxorio”.
La discriminazione di natura sessuale (in quanto “coppia gay”) è provata dalla motivazione ricevuta dai due ragazzi in Regione. A loro viene infatti spiegato che, se la richiesta fosse stata inoltrata separatamente, cioè da singoli cittadini e non da coppia, avrebbero quasi certamente ottenuto il finanziamento. Per inciso:
Il Comune di Pordenone considera Ficarra e Picone una famiglia, ma l’ufficio legale della Regione, tramite Banca Mediocredito, smentisce lo stesso Comune e risponde nuovamente picche. Niente da fare: per la Regione i due ragazzi non sono una coppia more uxorio, e per questo nega loro il diritto alla casa.
Questo è ciò che il nostro Paese riesce a generare per sostenere la vita dei suoi giovani, il risultato della comprensione, dell’apertura, degli incentivi che i satrapi millantano da settimane in campagna elettorale.
Ragazzi, qui non parliamo più soltanto di un minato accesso a un credito destinato alla costruzione del proprio avvenire, ma di una discriminazione sessuale a tutti gli effetti. E’ l’“Apartheid di genere”, un fenomeno tutto italiano…