Amici, allarmatevi con me…
A quanto pare lo sforzo della rete verso un’informazione libera non riesce ancora a sortire i risultati sperati. Purtroppo per il pubblico generalista, dunque per la massa di lettori e spettatori, “pesano” soltanto le storiche testate giornalistiche, com’è noto schiave del potere di chi le possiede. Dal canto loro i colleghi giornalisti, in particolare quelli davvero accreditati, risultano impossibilitati nell’esprimere il tanto decantato libero pensiero che (a ingiusta ragione a questo punto!) è menzionato nella nostra Costituzione all’articolo 21, per le ragioni che conosciamo.
Di contro noi, popolo della Rete che lavora strenuamente per mettere alla luce null’altro che ciò che vediamo, sentiamo, viviamo tutti i giorni, restiamo ancora ai margini della comunicazione “che conta”. Quella che diventa in un attimo di dominio pubblico.
Vero è che riusciamo ad arrivare alla parte più “libera” (e “giovane”) del pubblico, che rappresenterà la nostra quotidianità di qui a pochi anni, ma per il momento non è abbastanza. E a dirlo è un rapporto di Reporter senza Frontiere sulla libertà di stampa in Italia: secondo quanto dice l’associazione, la cattiva legislazione sull’informazione continua in Europa, “specialmente nel Belpaese, dove la diffamazione deve essere ancora depenalizzata” e si fa un “pericoloso uso delle leggi bavaglio”. Così che nella famosa classifica sulla libertà d’informazione, l’Italia è al 57esimo posto nel mondo dopo, pensate, Botswana e Niger.
Adesso è questa la situazione. Ma non deve scoraggiarci, bensì invogliarci a fare ancora di più. Non importa quanto tempo ci vorrà, la “rivoluzione algoritmica” è iniziata e parla giovane. Presto farà sentire il proprio impeto a suon di bit.