Amici, stamane questa foto ha semanticamente fatto breccia nel mio cuore. Sono quasi le 13.00 e ancora sono qui a chiedermi quale altra immagine avrebbe potuto rappresentare in maniera tanto eloquente il valore del voto degli studenti Erasmus per le prossime elezioni politiche italiane.
Carta da culo. Questa è la valenza reale degli studenti impegnati nel prestigioso progetto di studi europeo, meritevole di avere come comun denominatore l’interscambio culturale (e soprattutto esperienziale!), per i partiti che ci rappresentano in Italia.
Da ex studente Erasmus mi sento parte della causa che in queste ore sta manifestandosi, a gran voce, attraverso i protocolli più incisivi della rete, quelli di Facebook. A sostegno della rivolta mediatica, infatti, esiste una pagina creata da pochi giorni che conta già con centinaia di utenti, solo una piccola parte dei 20mila italiani in Erasmus che saranno esclusi dal voto, se impossibilitati dal tornare a casa il 24 e 25 febbraio.
La legge riferita al “voto per corrispondenza” dice che gli studenti temporaneamente residenti all’estero non sono compresi nella lista di quelli che vi si trovano per motivi di servizio o missioni internazionali. Secondo le leggi in vigore infatti, queste categorie sono “gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; i dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all’estero per motivi di servizio e i professori e ricercatori universitari”.
Per tutti gli altri la suddetta è perentoria: “Cittadini italiani che si trovino temporaneamente all’estero e non appartengano alle tre categorie sopraindicate potranno votare esclusivamente recandosi in Italia presso le sezioni istituite nel proprio comune di iscrizione nelle liste elettorali”. Ergo, per apporre la croce sulla scheda i nostri ragazzi sono costretti a tornare in Italia, senza usufruire di alcun tipo di rimborso. Considerate voi stessi l’entità della spesa e ditemi se è giusto che uno studente sia costretto a sostenerla…
Una soluzione ci sarebbe. Si chiama AIRE (Anagrafe Italiana Residenti all’Estero) e dà la possibilità a chi risiede all’estero di esprimere il proprio voto per corrispondenza. Solo che (guarda un po’!) bisogna aver maturato almeno 12 mesi di permanenza. Ergo, “mettiamoci una croce sopra”. Più che comprensibili, dunque, sentimenti di rabbia, frustrazione, disincanto nei confronti della politica, manifestati dagli studenti sul social network.
Da qualche ora è stata inoltrata una petizione online al Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, affinché si impegni ad includere gli studenti Erasmus al voto di febbraio. Nella Comunità Europea, l’Italia resta uno dei pochi Paesi a non poter usufruire del voto per corrispondenza in caso di temporanea permanenza fuori dai confini nazionali.
Una piccola postilla: In occasione delle Elezioni Politiche del 2011, i giovani socialisti Spagnoli hanno addirittura realizzato un video con le modalità di voto per chi non era nella penisola Iberica ma vincitore della borsa di studio Erasmus. Che differenza è?…
A questo punto non ci resta che attendere il responso di Terzi: concederà un respiro di modernità alle nuove generazioni o sarà invogliato a pulirsi il culo con un nostro diritto?…
…Restiamo fiduciosi e positivi…