Amici, sfogliando le pagine dei giornali di questa mattina mi ha colpito la lettera che Marco Rossi-Doria ha indirizzato al quotidiano “La Stampa” dall’eloquente titolo: “Tutto quello che c’è da fare per la scuola”. Si tratta di una denuncia che ha come oggetto la scuola italiana, la quale secondo il sottosegretario all’Istruzione, è stata indebolita da un disinvestimento culturale e politico esorbitante.
Ho scelto di commentare questo scritto perché credo sia giunto il momento di rincarare la dose contro coloro che ci (mal)governano da troppo tempo, implementando il discorso dell’ex maestro elementare attraverso contenuti che si riferiscono al momento universitario e soprattutto a quello postuniversitario.
Cominciamo dal primo. In questi giorni stiamo vedendo nascere nuovi corsi di laurea, sempre più innovativi (sempre più inutili!), che si proiettano su un futuro “edonistico-reaganiano” che non arriverà certamente prima del 2020. Nel frattempo la retorica universitaria rimane inalterata così come la sua metodologia, puramente teorica e ormai palesemente superata. Continuiamo, infatti, a studiare manuali infiniti ed a sostenere altrettanti infiniti esami. Da qui, il passo per il secondo momento, quello postuniversitario è breve. Ci ritroviamo alla conclusione del percorso di studi con lo scaffale stracolmo di carta, una quantità straordinaria di nozioni di cui non abbiamo memoria perché nel frattempo si sono accavallate tra loro e una dimestichezza col mestiere praticamente nulla. Il tutto mentre in Inghilterra, negli Stati uniti o in India, per fare degli esempi, considerano la teoria come anticamera della pratica e di conseguenza i programmi di studio si riducono e si ottimizzano per dare spazio al tirocinio con annessi diritti (da un apprendimento comprovato a una remunerazione dignitosa).
Ragazzi, quello dell’inserimento nel mondo del lavoro è il primo aspetto sul quale i partiti politici dovrebbero concentrarsi in questa campagna elettorale, per ripensarlo nella maniera più produttiva (e dignitosa!) possibile. Perché ha a che fare con noi, con i giovani, con il futuro. Senza, non andiamo da nessuna parte…
Di seguito vi riporto l’attacco della lettera di Rossi-Doria pubblicata dalla Stampa ed il link di riferimento, a mio avviso utile per comprendere meglio le necessità di ambedue i settori :
“Caro Direttore, in questi giorni sento una fortissima urgenza: che si parli di scuola, di com’è, di come deve diventare. E sogno una campagna elettorale che sappia farlo. In modo positivo e dunque riparativo e innovativo. E rispettoso, dunque partendo da quel che già si fa.
Quando sono stato chiamato a fare il sottosegretario all’Istruzione avevo appena finito un’inchiesta per La Stampa, a più puntate, in cui avevo intervistato docenti e dirigenti di tante scuole. Emergeva una scuola competente e battagliera.
Che s’interroga sul futuro educativo del Paese. E che innova nonostante le difficoltà. Cose concrete… Come abbiamo messo su un laboratorio scientifico. Come ho fatto fare volontariato ai ragazzi del mio liceo. Come abbiamo messo intorno a un tavolo genitori e insegnanti in modo da condividere un’idea educativa, ciascuno facendo la sua parte anziché rimpallarsi le colpe. Come uso la lavagna multimediale imparando io, a mia volta, dai miei alunni. Come porto i bambini a leggere le costellazioni nel cielo. Come metto su un’orchestra o una compagnia che recita in un teatro vero. Come consolido bene l’Italiano e la matematica in un quartiere di periferia.
Dopo un anno…” (continua su http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/tutto-quello-che-c-e-da-fare-per-la-scuola.flc)