Amici di Obiettivo Giovani,
in tempi non sospetti siamo stati connotati, dal (ormai ex) Ministro dell’Istruzione Elsa Fornero, come “choosy” termine di origine anglosassone che in italiano si traduce con “schizzinoso”. Significa che siamo una generazione di giovani che ha delle possibilità d’inserimento nel mondo del lavoro ma che le rigetta perché troppo esigente, in sostanza che non si accontenta di cominciare con mansioni e paghe umili.
I dati, però, suggeriscono l’esatto contrario, perciò diamogli insieme uno sguardo…
Innanzitutto, rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, questi “choosy” risultano più preparati, pagati molto meno, con meno certezze e lavorano in orari che nulla hanno a che fare con quelli sindacali.
Dando uno sguardo ai numeri (forniti dal rapporto di Datagiovani che ha elaborato i microdati Istat della Rilevazione continua sulle Forze di lavoro) scopriamo che sono 355 mila gli under 30 al primo impiego in Italia nel primo semestre 2012, 80 mila in meno (una flessione quasi del 20%) rispetto al periodo pre-crisi (primo semestre 2007). E’ ancora una volta il Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto della situazione di crisi, con oltre la metà del “taglio” dei neoassunti (-24%), mentre nelle regioni settentrionali la contrazione è stata meno ampia (-12%) e continuano a creare la maggior parte dei nuovi posti di lavoro (44%).
Di questi dati, uno su tutti desta serai preoccupazione: oltre la metà dei neoassunti ha un contratto da dipendente a termine, solo 1 su 4 è a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda la tipologia contrattuale, sembra peggiorata in termini di stabilità lavorativa. Nel 2012, infatti, sono ben 222 mila i giovani al primo impiego precari, 7 mila in più del 2007. Rappresentano il 62% dei neoassunti complessivi, mentre nel 2007 erano sotto il 50%. Dei 355 mila giovani che hanno trovato il primo impiego nei primi sei mesi dell’anno, quasi 6 su 10 sono stati assorbiti da attività dei servizi, specie nelle professioni commerciali, le uniche che ancora resistono alla crisi, a dispetto dei settori dell’industria e delle costruzioni.
Sotto il profilo culturale, tra questi “choosy laureati” sta crescendo il fenomeno dell'”overeducation”, ossia la copertura di mansioni che potrebbero essere occupate senza laurea. Quasi un laureato su tre neoassunto rientrava nel primo semestre 2012 in questa categoria, contro il 27% del 2007.
Analizziamo, infine, la volontà dei nostri “choosy”. La metà di essi presta servizio anche il sabato e quasi 1 su 4 la domenica. Salgono, imoltre, le proporzioni di giovani impegnati la sera (22%) o la notte (11%).
In conclusione, i fatti la dicono lunga circa l’idea aberrata che portavoci delle vecchie generazioni hanno su di noi. “Choosy” saranno stati loro… Noi, semmai, dovremmo essere chiamati “Super” dal latino “sopra” (di loro…)